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Islanda 2008


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Islanda 2008, testo e foto by Utente Non Registrato. Pubblicato il 08 Settembre 2011; 0 risposte, 4015 visite.





Islanda, una terra straordinaria continuamente modellata dalla lotta incessante tra il fuoco e l'acqua, dove la nascita di nuove terre (l'isola di Surtsey è comparsa solo nel novembre del 1963, a seguito di un'eruzione) è bilanciata dalla continua erosione ad opera dei ghiacciai, dei fiumi, del vento e dell'oceano. In nessun altro paese al mondo troverete altrettante meraviglie di Madre Natura, tra cui maestosi ghiacciai e cime innevate, caldi getti di acqua e solfatare fumanti, vulcani, alcuni attivi, fiumi impetuosi e magnifiche cascate, una moltitudine di uccelli, cetacei al largo delle coste e molte altre sorprese. Le estati sono incredibilmente tiepide e gli inverni non così freddi come vi potreste aspettare ? se la vostra visita avviene fuori stagione.

La bella stagione in Islanda, almeno come la intendiamo noi, dura solo per due o tre mesi. La natura deve svolgere il suo ciclo in questo breve lasso di tempo. Nella seconda metà di luglio il deserto, ormai libero dalla neve, si colora di strie verdi dai toni abbaglianti ovunque sia disponibile un rigagnolo di acqua non effimero. La notte è ridotta a due o tre ore di relativa oscurità, ma una lama di luce è sempre presente all'orizzonte.

Esistono vari modi per viaggiare in Islanda. L'isola è in gran parte selvaggia e disabitata. La popolazione (poco più di 300.000 anime) si concentra nella capitale Reykjavik e in piccoli villaggi lungo la costa. Le vie di comunicazione al di fuori dei centri abitati sono in genere percorribili per pochi mesi all'anno solo con mezzi 4X4. Per queste ragioni solo una piccola parte del territorio è facilmente accessibile. L'approccio più comune fra quanti viaggiano in Islanda in autonomia, o anche con gruppi organizzati, prevede un itinerario lungo la Strada circolare n. 1 (Ring Road) con alcune veloci deviazioni giornaliere verso le aree vulcaniche o glaciali. La Ring Road è infatti l'unica via di comunicazione che può essere interamente percorsa da veicoli tradizionali per gran parte dell'anno. Un viaggio in Islanda è però davvero completo se prevede l'attraversamento dei deserti centrali e la sosta in alcuni settori delle aree interne. Altopiani e deserti nascondono infatti i più importanti tesori naturali di questo Paese. Chi ha l'occasione di sostare in queste aree anche per la notte può cogliere tutte le emozioni che questi luoghi magici sono capaci di offrire ad ogni ora e può raggiungere località straordinarie che altrimenti sarebbero escluse dall'itinerario. La sosta nei rifugi interni permette inoltre di evitare lunghi trasferimenti da e per le strutture turistiche costiere.
Questo approccio all'Islanda presenta alcuni ostacoli. Nelle aree interne esistono solo piste riservate a mezzi 4X4 e alcune di queste richiedono veicoli speciali dotati di un'altezza da terra superiore a quella delle auto di serie, dispositivi che permettano di guadare i torrenti, una buona esperienza nella guida in fuoristrada e nella valutazione dell'evoluzione meteorologica. Nelle aree centrali esistono infatti pochissimi punti di rifornimento per il carburante e per i viveri e le condizioni climatiche possono rallentare la marcia.

Per l'organizzazione del viaggio ci affidiamo ad un gruppo di appassionati geologi (90est.it), che passano le loro estati a scorazzare curiosi turisti come noi in questa bellissima isola. Ecco quindi che a Filippo (geologo) e Cosimo (cuoco italo-islandese) si aggrega Asgheir, il pilota islandese dell'agenzia locale a cui l'organizzazione ha noleggiato i fuoristrada e che ci farà da battistrada, indicandoci i guadi ed i trucchi per affrontarli in sicurezza.

Come materiale fotografico ho portato la mia attrezzatura Canon e ho approfittato della imminente vendita della 350d per avere un secondo corpo macchina. Quindi avevo: Canon 350d, 400d, Obiettivi Sigma 10-20 EX, Sigma 17-70 e Sigma 70-300. Essendo un viaggio su 4 ruote, mi sono portato anche il pc portatile, in quanto le memorie in mio possesso non mi avrebbero permesso una sufficiente autonomia. Sapendo che non avremmo avuto accesso alla corrente elettrica tutti i giorni, mi sono ben rifornito prima della partenza di economicissime batterie non originali per le reflex. Il tutto contenuto nello zainetto Tamrac Adventure 9 che passa inosservato ai vari check in come fosse un qualsiasi altro zaino e mi permette di avere tutta l'attrezzatura (ed anche il pc) ben ordinata e soprattutto protetta.

Il 19 Luglio arriviamo in Islanda, all'aeroporto di Keflavik nel primo pomeriggio, dopo uno scalo a Londra. Recuperati i 5 Land Rover Defender lasciati con le chiavi nel cruscotto ed incustoditi nel parcheggio dell'aeroporto 3 giorni prima dal precedente gruppo, facciamo pochi chilometri e ci tonifichiamo nelle acque calde di Laguna Blu, una stazione termale naturale circondata da colate di lava e spiagge di sabbia nera. Rilassarsi nella laguna calda (37-39°C), in un'accattivante atmosfera di vapore e aria fresca è una esperienza da consigliare.





20 luglio, II giorno

Iniziamo il nostro viaggio con tre fra le località più famose d'Islanda, abbastanza vicine tra di loro.
Thingvellir è un vero "monumento" nazionale. E' uno dei pochi luoghi al mondo in cui è possibile osservare la dorsale medioatlantica, un'imponente struttura geologica che normalmente si trova a migliaia di metri di profondità sotto l'oceano. La storia dice che a Thingvellir, intorno all'anno mille, si sia riunito il primo parlamento democratico d'Europa, in una specie di anfiteatro naturale che permetteva all'oratore di essere ascoltato da moltissime persone.
Ci spostiamo a Geysir, la località che ha dato il nome a tutti i geyser del pianeta. In realtà il grande Geyser, che emetteva getti alti fino a 80 metri, è diventato inattivo negli anni '50. Per fortuna, a pochi metri di distanza, c'è il geyser più regolare del mondo, lo Strokkur, che difficilmente fa attendere i visitatori più di 5 minuti per emettere il suo zampillo, alto fino a 30 metri.
Gullfoss è una delle più imponenti e spettacolari cascate del mondo, un vero muro d'acqua impressionante che si getta con un doppio salto per 32 metri, sollevando una parete di spruzzi mentre si tuffa in uno stretto canyon.
Dopo questa "triade" di bellezze naturali, chiamata anche "Circolo d'Oro" ci sembra di aver visto praticamente tutta l'Islanda.... sale un po di depressione nel gruppo: siamo solo al secondo giorno e già abbiamo visto le cose più belle .... e ora? Gli accompagnatori ci rassicurano: a fine viaggio non vi ricorderete neppure di essere stati qui: in Islanda le bellezze sono altre! ci fidiamo e ripartiamo alla volta del leggendario deserto di Sprengisandur, per fermarci a Nyidalur, nel mezzo del deserto centrale. La pista corre tra i due ghiacciai più grossi d'Islanda: il Vatnajokull (grosso quanto la regione Umbria) e l'Hofsjokull. La "vegetazione" si fa sempre più rada fino a scomparire del tutto, mentre il freddo ed il vento aumentano sempre più.




Il giorno successivo, partiamo di buon ora in direzione nord per trasferirci sulle sponde del Lago Myvatn. Dopo pochi chilometri raggiungiamo la cascata di Aldeyjarfoss, che effettua il suo salto di circa 20 metri circondato da suggestive colonne di basalto. Sostiamo nel grazioso villaggio di Husavik per dedicarci all'avvistamento delle balene. Husavik è considerata la capitale europea del whale-whatching, ed infatti a bordo di una imbarcazione avvistiamo numerosi cetacei; peccato per il tempo che non è dei migliori. L'alternativa possibile era di visitare alcuni musei di Husavik: uno dedicato alle balene, un secondo alla storia locale ? ed infine il museo fallologico che, unico nel suo genere, ospita una bizzarra collezione di 200 tipi di falli animali, dal criceto alla balena.

Nel pomeriggio ci trasferiamo sulla sponda meridionale di Myvatn fra gli pseudocrateri di Skutustadir. Il tempo è pessimo, piove ininterrottamente, ma dopo aver depositato i bagagli nella guesthouse che ci ospiterà questa notte, l'accompagnatore propone comunque una breve escursione tra i verdi pseudocrateri. Acchiappo la macchina foto con montato il 17-70, la infilo sotto la mantellina impermeabile ed eccomi fuori a prendere secchiate di pioggia. Dopo pochi minuti di trasferimento su gomma, arrivati all'inizio della passeggiata, la brutta sorpresa: gli sbalzi di temperatura, l'umidità al 100% e l'obbiettivo é completamente appannato, anche all'interno. Il 21 luglio 2008 capisco perché le lenti di mamma Canon con la L rossa costano così care. Passeggio e mi vedo passare davanti bellissimi e suggestivi paesaggi, avvolti dalla pioggia e non li posso immortalare: la lente non ne vuole sapere ... mi sento fotograficamente impotente.


22 luglio, IV giorno

Partiamo di buon mattino alla volta del vulcano Hverfell, situato a pochi minuti di jeep dalla guesthouse dove abbiamo dormito. Poco più di 15 minuti di ascesa ci permettono di raggiungere la bocca del cratere, di cui percorriamo l'intero perimetro. La vista di cui si gode da qui è stupenda: da un lato il lago Myvatn, costellato di pseudocrateri (sorta di isolotti o cunette generati dalla pressione del sottosuolo), dall'altro le pozze di fango bollente di Hverir e sullo sfondo altre fumarole e montagne. Il vento fortissimo che ci sferza rende il tutto ancora più suggestivo e impedisce la presenza dei moscerini, solitamente piuttosto fastidiosi nei pressi del lago.
Dopo averle ammirate dall'alto ci rechiamo ora alle pozze di fango bollente di Hverir: danno effettivamente l'idea di un "minestrone" di fango: peccato che l'odore di zolfo non sia così invitante!
Il nostro viaggio prosegue ora nel Parco Nazionale di Jokulsargljufur dove ammiriamo la cascata di Dettifoss che, nonostante il salto di "soli" 44 metri, è veramente impressionante: rovescia a valle circa 200 metri cubi d“acqua al secondo (la portata maggiore tra le cascate europee), sollevando spruzzi visibili da chilometri di distanza.




Nel primo pomeriggio ci addentriamo nella regione aspra e selvaggia degli altopiani centrali: il viaggio dura circa 4 ore che sembrano trascorrere in un attimo per quanto è bello e vario il paesaggio: si passa continuamente da deserto sabbioso (che spettacolo vedere il vento che gioca con la sabbia!) a quello di lava intermezzato da zone verdissime grazie ai ruscelli che incontriamo e che dobbiamo guadare. La giornata è decisamente assolata, possiamo così ammirare l'Herdubreid, la montagna più caratteristica del paese, meglio conosciuta come la "regina del deserto", caratterizzata dalla tipica forma tronca delle vette formatesi in seguito a eruzioni vulcaniche subglaciali. In serata arriviamo a Dreki dove ci sistemiamo presso il rifugio che ci ospiterà per le prossime due notti.


23 luglio, V giorno

Il programma odierno prevede pochi minuti di jeep, pranzo al sacco e prima passeggiata che ci consentirà di esplorare il vulcano Askja: una gigantesca caldera di 50 Kmq creata da forze inimmaginabili in tempi relativamente recenti (1875).
L“eruzione di 2 kilometri cubici di tefrite causò alterazioni dell'ecosistema che ebbero ripercussioni fino all“Europa continentale (le ceneri avvelenarono una grande numero di capi di bestiame in Irlanda, a cui seguì una massiccia ondata di emigrazione verso l“America). Ora la depressione seguita al crollo della camera magmatica, ospita un lago freddo e profondo (Oskjuvatn), mentre in un angolino sorge un altro cratere (Viti) che ospita un lago di acqua relativamente calda (circa 25°). Il pur breve viaggio in jeep è comunque interessante perché si svolge sulla superficie lavica dovuta ad un'eruzione molto recente (1961), quindi ancora assolutamente nera. Iniziamo a camminare sull'enorme spianata che costituiva la caldera: è impressionante il colpo d'occhio del terreno nero che contrasta con Il rosso dei minerali e del bianco della neve ma, quando dopo un po' appaiono ai nostri occhi i due laghi rimaniamo assolutamente a bocca aperta! Le montagne che si specchiano nel lago grande e lì accanto, in fondo a una depressione del terreno il piccolo lago Viti con le sue acque di un intenso color turchese: che spettacolo!
Ovviamente scendiamo subito a farci il bagno: l'acqua non è poi così calda, ma nuotando un po' ci si sta bene. Fortunatamente il sole ci dà il tempo di uscire ed asciugarci prima di nascondersi dietro una coltre di nubi.

Per pranzare ci rifugiamo in un avvallamento del terreno in modo da ripararci dal vento freddo che si è levato. Per nostra fortuna poco dopo torna il sole e con lui una temperatura più gradevole che ci permette di rilassarci passeggiando sulla riva del lago Oskjuvatn. Quando torniamo al rifugio il nostro cuoco Cosimo ci sorprende piacevolmente con delle ottime frittelle: ci volevano!
Dopo cena partiamo per un“escursione in jeep nel deserto di sabbia nera nella zona di Dyngjuvatn: la guida si rivela un po' difficoltosa ma decisamente divertente: sembra di essere sulla neve ma in giro non c'è nessun ostacolo contro cui rischiare di andare a sbattere! Ci fermiamo in questo deserto nero ad ammirare il lungo tramonto islandese sullo sfondo di imponenti montagne e ghiacciai: lo spettacolo è assolutamente indescrivibile. La sosta è forzatamente breve perché all'orizzonte vediamo avvicinarsi una tempesta di sabbia che ci costringe a ritornare sui nostri passi.





24 luglio, VI giorno

Anche oggi il nostro risveglio è accompagnato da un fantastico sole che ci aiuterà ad apprezzare gli splendidi paesaggi che attraverseremo, nonostante il forte vento sollevi a volte una tale nuvola di sabbia da dare l'illusione di trovarci in un banco di nebbia.
Partiamo diretti a sud-ovest per raggiungere la regione degli altopiani orientali, dominata dal vulcano Snaefell. Oggi abbiamo modo (purtroppo!) di vedere anche un'opera dell'uomo: una delle dighe in terra, tutt'ora in costruzione, nell'àmbito del Progetto Karahnjukar: un enorme e molto controverso progetto industriale destinato a cancellare 3000 kmq del territorio incontaminato nel quale ci troviamo, per realizzare una fonderia di alluminio con relativa centrale idroelettrica per alimentarla. Proseguendo il viaggio fortunatamente ci immergiamo di nuovo nella natura: nella verde e quasi sconosciuta valle di Fljotsdalur ci possiamo addirittura fare una doccia calda naturale sotto la piccola cascata Laugavellir. Semplicemente fantastico indugiare sotto questo caldo getto, immersi nel verde e baciati dal sole, anche se, causa l'onnipresente vento freddo, occorre asciugarsi velocemente una volta terminata la doccia.
Terminato il pic-nic sull'erba, in pochi minuti arriviamo all'enorme quanto spettacolare canyon Dimmugljufur: peccato che l'impetuoso torrente che lo solcava fino a pochi anni fa sia ora ridotto ad un rigagnolo a causa dei lavori per il Progetto Karahnjukar.
Effettuiamo una sosta tecnica per carburante in una stazione di servizio che costituisce l'unico avamposto di civiltà in questa zona selvaggia (anche per questo ci colpisce il gusto estremamente Kitsch con cui è arredato il piccolo bar annesso!) e dopo circa un'ora di viaggio arriviamo al rifugio Snęfellskali. Quando lo scorgiamo attraverso i finestrini della macchina non riusciamo a trattenere un sorriso: la struttura appare davvero velleitaria, quasi oppressa fra le colate laviche policrome dello Snęfell e il fronte settentrionale del Vatnajökull, un oceano di ghiaccio che chiude l'orizzonte verso Sud. E' vero che i servizi sono esterni, la doccia praticamente inutilizzabile e fa freddissimo, però tutti noi proviamo questa splendida sensazione di essere immersi in una delle più belle e potenti manifestazioni della Natura.
La parte migliore della giornata deve però ancora arrivare. Dopo cena riprendiamo le jeep e raggiungiamo il fronte del Vatnajökull, il più grande ghiacciaio d'Europa (la sua superficie è pari all'incirca a quella dell'Umbria!). Quando scendiamo dalle macchine per iniziare la nostra breve ascesa sul ghiacciaio veniamo colpiti da un fortissimo e gelido vento, al quale però non badiamo nemmeno, tanto siamo pervasi dai fantastici paesaggi che ammiriamo in questo lungo crepuscolo. Sulla strada del rientro facciamo ancora una sosta presso un punto panoramico: la residua luce della mezzanotte islandese colpisce le innumerevoli pozze d'acqua del paesaggio dandoci l'impressione di trovarci sulla sommità di una città illuminata: fantastico! Dopo questa ubriacatura di meraviglie possiamo andare a dormire stanchi e soddisfatti.





25 luglio, VII giorno

Al nostro risveglio la temperatura fortunatamente non è più bassa come ieri, possiamo quindi tranquillamente lavarci nel lavabo all'aperto senza soffrire troppo. Poco dopo la partenza il nostro corteo di jeep si ferma perché qualcuno ha avvistato un branco di renne. Bellissime, peccato che non riusciamo ad avvicinarci molto per poterle ammirare meglio.
Per pranzo arriviamo nella cittadina di Egilsstadir. Non offre nulla di particolare ma dopo alcuni giorni di full immersion nella natura islandese avevamo bisogno di tornare alla civiltà, anche soltanto per ricaricare le batterie di cellulari e fotocamere o acquistare nuove memory card, data l'enorme quantità di foto fatto finora.
Nel pomeriggio, attraverso paesaggi verdeggianti, ci dirigiamo verso la costa sud-orientale, dove raggiungiamo una baia in cui sostiamo a lungo per ammirare i puffin (le pulcinelle di mare): sono davvero buffi questi uccelli colorati con il loro goffo modo di volare! Proseguiamo il viaggio addentrandoci nella valle di Fossardalur, di cui purtroppo possiamo solo intuire la selvaggia bellezza attraverso la fitta nebbia che è calata in queste ore. In serata arriviamo a Eyjólfsstašir, dove ci sistemiamo in un grazioso e confortevole rifugio immerso nel verde.

Il 26 luglio purtroppo il tempo è ancora piovoso, quindi ci limitiamo a una breve passeggiata nella valle di Fossardalur, che si rivela comunque interessante grazie alle spiegazioni che la nostra guida Filippo ci fornisce riguardo ai fenomeni erosivi, all'importanza dei licheni e soprattutto su come riconoscere alcuni minerali che si possono trovare qui come in molti altri luoghi.
Dopo il pranzo in guesthouse si parte in direzione sud-ovest, viaggiando tra pioggia e nebbia. Possiamo però ritenerci fortunati, perché quando ci fermiamo per la prevista sosta alla spiaggia di Eystrahorn spunta il sole. Ammiriamo questo luogo stupendo: una spiaggia di piccoli ciottoli neri che si protende nell'oceano come una lingua per alcuni chilometri; appena al di là della strada costiera si erge una corona di monti che ci danno un senso di smarrimento: siamo al mare o in montagna? Il sole e la bellezza del posto ci riempiono di allegria: indugiamo a lungo, concedendoci anche una passeggiata a piedi nudi sul bagnasciuga (l'acqua dell'oceano islandese è decisamente troppo fredda per fare il bagno!).
Ripartiamo diretti verso Gerdi rituffandoci nella nebbia. Sostiamo nel villaggio di Höfn per i rifornimenti poi raggiungiamo la laguna degli iceberg di Jökulsárlón. Si tratta di una baia antistante il fronte del ghiacciaio Breišamerkurjökull (una diramazione del Vatnajökull), costellata dagli iceberg che si staccano dal ghiacciaio stesso e che si spostano inesorabilmente verso il mare. Possono impiegare anche cinque anni ad uscire da questa laguna di 17 kmq e profonda fino a 600 metri! Giungiamo qui carichi di aspettative ma la fitta nebbia ci permette di vedere solo a pochi metri dalla costa, lasciandoci soltanto intuire la magia del luogo. Intirizziti dal freddo vorremmo andare subito in guesthouse, ma quasi "costretti" da Filippo ci avviamo a piedi verso una collinetta ai bordi della laguna. Giunti in cima capiamo che saremo per sempre grati alla nostra guida per averci impedito di mancare questo spettacolo unico: l'estremità opposta della laguna è illuminata dal sole, quindi riusciamo a vederli sullo sfondo immersi nella luce, insieme a quelli seminascosti dalla foschia in primo piano. Si crea un effetto magico indescrivibile! Possiamo ora serenamente dirigerci a Gerdi per ritirarci al calduccio nella guesthouse.


27 luglio, IX giorno

Oggi ci attende una giornata abbastanza tranquilla, infatti la dedicheremo totalmente a visitare il Parco Nazionale di Skaftafell, con un'escursione a piedi piuttosto lunga ma non particolarmente impegnativa. Dopo aver fatto colazione ed esserci preparati i panini per il pranzo, con un breve viaggio in auto arriviamo al Visitor Center del parco, da dove inizia la nostra escursione sotto un cielo che minaccia pioggia: dobbiamo essere fiduciosi!
Durante la salita ci fermiamo ad ammirare alcune cascate, in particolare quella di Svartifoss: un' affascinante quanto cupa cascata incorniciata da colonne di basalto nero. La sosta successiva ci consente di affacciarci sulla valle di Morsardalur, sul cui territorio risultano tuttora evidenti gli sconvolgimenti provocati dall'alluvione del 1996, conseguente all'eruzione subglaciale del vulcano Grimsvötn. Poco dopo aver ripreso il nostro cammino ci dobbiamo di nuovo fermare per poter ammirare con la dovuta tranquillità l'imponente fronte del ghiacciaio Morsarjökull. Il meglio della giornata deve però ancora arrivare. E' infatti quando stiamo già scendendo verso il Visitor Center che veniamo sorpresi dalla splendida vista sul ghiacciaio Skaftafelljökull: una lingua di ghiaccio di alcuni chilometri che si dirama dal Vatnajökull. Fortunatamente proprio ora uno splendido sole squarcia la coltre di nubi che ci aveva fin qui accompagnato, permettendoci di apprezzare al meglio questa fantastica visione. Terminata l'escursione diamo un'occhiata al Visitor Center e poi rientriamo alla guesthouse.








28 luglio, X giorno

Il clima oggi continua ad essere pessimo, ma non sarà certo questo ad impedirci di effettuare la visita con il mezzo anfibio alla laguna degli iceberg di Jökulsárlón. Indossati tutti gli abiti più caldi e impermeabili a nostra disposizione e nonostante la nebbia piuttosto fitta che continua ad incombere sulla zona, ci imbarchiamo; la guida presente sul mezzo ci dà alcune notizie sul luogo, ma ciò che ci colpisce di più è la sua apparente insensibilità al freddo, tanto da tenere fra le mani nude un frammento di iceberg per diversi minuti: solo un'islandese può tanto!

Dopo una bevanda calda al bar della laguna si riparte. Una prima breve sosta ci consente di fotografare il monumento realizzato con alcuni resti di uno dei ponti travolti dall'alluvione del 1996. Proseguiamo attraverso la pianura di Skeidararsandur e ci fermiamo presso l'antico villaggio di Núpsstašur. Si tratta di un piccolo agglomerato di alcune case e una chiesetta, tutte con il caratteristico tetto in torba ricoperto da un manto erboso. Il villaggio è ormai abbandonato, ma è stato un importante posto tappa per chi attraversava questa zona paludosa fino al 1971, anno in cui fu costruita la prima strada vera e propria. A causa della insistente pioggia che ci accompagna, oggi, per la prima volta, siamo costretti rinunciare al pranzo all'aperto: ripieghiamo su un fast-food.
Continuiamo a viaggiare verso la valle di Eldgja percorrendo quella che viene definita "una delle piste interne più panoramiche d'Islanda", di cui possiamo però solo intuire la selvaggia bellezza attraverso nebbia e pioggia che oggi non ci danno tregua.
Arriviamo al rifugio di Landmannahellir, dove pernotteremo due notti, poco prima delle sei. Abbiamo a disposizione esclusiva del nostro gruppo un edificio piuttosto con grande con cucina e bagno: temevamo qualcosa di più spartano, trattandosi dell'unica traccia di civiltà che vediamo in questa verdissima vallata.
Filippo ci convince a ripartire quasi subito per andare a fare il bagno nelle acque calde di Landmannalaugar: con questo freddo si fatica abbastanza a spogliarsi ma una volta immersi si sta meravigliosamente. Anche l'atmosfera del luogo è molto particolare: il vapore che si alza da questa piscina naturale si mescola alla foschia avvolgendo il vicino rifugio e la circostante spianata fangosa costellata di tende. Contribuiscono ulteriormente a dare un'immagine "fricchettona" i due vecchi autobus adibiti a negozio e centro informazioni. Riemergiamo dalle calde acque di Landmannalaugar decisamente ritemprati e pronti ad assaggiare il famoso squalo marcio, celebre "prelibatezza" islandese che il nostro cuoco ci ha promesso per cena: limitandosi ad un assaggino accompagnato da un po' di acquavite non è poi così male!


29 luglio, XI giorno

Oggi finalmente veniamo di nuovo svegliati da un sole splendente, che ci accompagnerà per l'intera giornata.
Ci dirigiamo nuovamente verso Landmannalaugar e durante il tragitto facciamo un paio di soste per ammirare alla luce del sole lo splendido paesaggio che ci circonda. In particolare siamo colpiti da una roccia chiamata "the Bishop", per quanto la sua forma ricorda il cappello di un vescovo.
Arrivati a Landmannalaugar iniziamo il trekking sul monte Blàhnùkur, una delle tante particolarissime cime della zona, tutte composte da riolite: una lava satura di minerali che si è raffreddata molto lentamente, dando origine a incredibili sfumature di colore. Giunti in cima possiamo ammirare nella sua interezza il fantastico paesaggio che ci ha accompagnati durante l'ascesa: montagne con striature in tonalità di arancio, rosso, ocra, grigio che contrastano con il bianco della neve, il verde dell'erba, l'azzurro del cielo, il nero delle colate laviche più recenti. La bellezza di questo luogo è quasi surreale.




Dopo un po' di relax ci rimettiamo in cammino. Sostiamo per il pranzo nei pressi di un laghetto, per poi raggiungere una zona ricca di fumarole: il vapore caldo che sgorga incessantemente da innumerevoli fratture del terreno arricchisce ulteriormente il fascino del posto e accresce la sensazione di trovarsi su un altro pianeta. Continuando a scattare fotografie a raffica, ridiscendiamo a Landmannalaugar, dove ci rilassiamo con un bagno nelle acque termali.

Riprendiamo le jeep per tornare al rifugio, ma Filippo ci sorprende conducendoci al lago dall'ironico nome di Ljòtipollur (lago brutto): un cratere di un colore rosso intensissimo causato dai depositi di minerali di ferro, pieno di acqua azzurra. Non solo il lago (a dispetto del nome!) è stupendo, ma forse ancor più suggestivo è il panorama a 360° di cui si gode dalla sommità del cratere: lo sguardo spazia verso un lontanissimo orizzonte tra montagne, laghi , fiumi, prati verdissimi. Rimaniamo a lungo a contemplare in silenzio questo spettacolo. Quando torniamo al rifugio troviamo Cosimo intento a cuocere cosce di agnello sul barbecue: la cena di stasera è anche un modo per festeggiare l'ultima notte che trascorriamo in rifugio; ci divertiamo ricordando le meraviglie viste finora e cercando non di pensare che questo viaggio sta ormai per finire.


30 luglio, XII giorno

Stamattina ci svegliamo presto in modo da poter sfruttare completamente questa ultima giornata in Islanda, arrivando a Reykjavik in tempo per un po' di shopping (qua i negozi chiudono presto!). Accompagnati da uno splendido sole ci apprestiamo ad attraversare la regione di Thjorsardalur. La prima sosta è per ammirare la cascata di Haifoss: tuffandosi dal bordo di un altopiano a 122 metri d'altezza è la seconda più alta del paese. La cosa che ci riempie di meraviglia non è però tanto l'altezza della cascata, quanto i due magnifici arcobaleni che si formano davanti ad essa: giunti alla fine del nostro viaggio abbiamo finalmente potuto trovarci al cospetto di una delle più classiche "cartoline" islandesi!

Poco dopo aver ripreso il viaggio facciamo un'altra breve sosta presso il cosiddetto "angolo dei poeti": una sorta di verdissimo giardinetto naturale attraversato da un tortuoso ruscello che forma diverse piccole cascate. E' un luogo davvero incantevole in cui si dice i poeti islandesi vengano in cerca di ispirazione. Ci fermiamo per il nostro ultimo pic-nic accanto ad un ruscello nei pressi del quale visitiamo il sito di un antico insediamento vichingo: storicamente interessante anche se per la verità non c'è molto da vedere.
Arriviamo a Reykjavik nel primo pomeriggio. Lasciamo i bagagli in guesthose e dopo una veloce rinfrescata usciamo, smaniosi di vedere questa "metropoli". Come già immaginavamo la città da un punto di vista architettonico è decisamente brutta: l'unico edificio degno di nota è l'imponente chiesa detta Hallgrimskirkja, la cui facciata è costituita da una serie di grandi colonne in cemento che rappresentano le colonne basaltiche. E' comunque piacevole concederci una passeggiata nell'animato centro di Reykjavik, ricco di negozi e affollati caffè, per acquistare qualche souvenir, come si conviene ad ogni buon turista!
Dopo cena visitiamo un paio di pub della capitale: bevendo un po' di birra e ripercorrendo i momenti più belli di questo viaggio cerchiamo di allontanare la tristezza da fine vacanza che ci sta assalendo. Ci rechiamo poi sul "lungomare" dove si trova la scultura Solfar (nave del sole): la riproduzione stilizzata di una imbarcazione: semplice ma armoniosa.

Il 31 luglio, ci svegliamo alle 5 e non ci stupisce nemmeno molto che sia già completamente giorno. Purtroppo non ci rimane altro da fare se non partire alla volta dell'aeroporto di Keflavik per lasciare le jeep e tornarcene in Italia.
Combattiamo la tristezza del ritorno ricordando quanto questa Islanda ci abbia meravigliati e stupiti in continuazione, mostrandoci sempre nuove manifestazioni della Natura: ci siamo resi conto della nostra piccolezza di fronte ad essa. Pensando anche a quanto il nostro gruppo di viaggiatori sia sempre andato d'accordo e considerando che le condizioni meteo sono state tutto sommato favorevoli, possiamo capire che stiamo terminando un viaggio che ricorderemo sempre come una bellissima esperienza.
Chissà se avremo un giorno occasione di tornare in questo paese?






Alberto Gargano, torinese classe 1976, è appassionato di tutto ciò che è montagna e di viaggi in terre lontane. Dall'estate 2006 fissa i ricordi dei luoghi visitati con la sua piccola reflex Canon.



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