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Sebastião Salgado







avatarsenior
inviato il 06 Febbraio 2021 ore 8:30

Si mi ha impressionato, non si pensa mai agli aspetti logistici, solo per andare là e starci un tot è una sfida, pure il lato investimento iniziale è importante.

avatarsenior
inviato il 06 Febbraio 2021 ore 10:17

Più un uomo cresce in ogni ambito, più miglioreranno le sue fotografie, sono daccordo con il divino Salgado.

avatarsenior
inviato il 06 Febbraio 2021 ore 10:37

"Se sei giovane ed hai tempo, vai a studiare. Studia l'antropologia, la sociologia, l'economia, la geopolitica. Studia per essere effettivamente in grado di capire quello che stai fotografando. Studia per capire cosa si può fotografare e che cosa si dovrebbe fotografare. "

Secondo me vale anche per il fotografo della domenica come me, e studiarsi un po' quel che si fotografa ha conseguenze immediate sulla qualità delle foto.
Non si tratta di diventare "fotografi illuminati". Beh, se quello è il tuo destino magari lo diventi, ma semplicemente di essere più "dentro" a quel che si fotografa.
Faccio un esempio volando bassissimo, veramente rasoterra. Tempo fa mi è capitato di fotografare alquanto distrattamente una coppia di smerghi. Il maschio e la femmina hanno livree diversissime e anche taglia differente (il maschio è più grosso). Siccome non sapevo che uccelli fossero ho scattato un po' di foto a ciascuno dei due singolarmente, anche perché non trovavo un'inquadratura convincente che li comprendesse entrambi. Ovviamente se invece avessi saputo che erano maschio e femmina della stessa specie avrei cercato comunque, in qualche modo, di metterli insieme in un'unica foto, e credo sarebbe stato meglio, le mie fotine avrebbero raccontato una storia più "giusta".

Per un fotografo della domenica come me la cosa non ha molta importanza, ma per chi volesse fare il professionista questo genere di cose fa la differenza tra venir pubblicati su testate di rilievo o nel giornalino parrocchiale. Immaginate un reporter che vede un personaggio pubblico di rilievo che dopo una conferenza si intrattiene in brevi colloqui a due con una dozzina di persone. Se non sa chi siano quei tipi come farà a sapere quando sarà di caso di portare a tutti i costi a casa una foto di quel breve colloquio e quando invece no perché quello con cui sta parlando il tipo in questione è solo il suo autista? O un fotografo naturalista che avvista un animale senza sapere se in quella zona ce ne sono dozzine oppure se si tratta di un avvistamento unico. O un fotografo di architettura o archeologia che tralascia di fotografare un elemento in apparenza insignificante ma di grande rilievo, che ne so , vedere dei buchi in una roccia e non capire che sono coppelle del neolitico.
Tutte cose che non c'entrano molto con la conoscenza della fotografia in senso stretto, tecnico, ma che fanno una bella differenza.

avatarjunior
inviato il 06 Febbraio 2021 ore 11:33

@Shambola , bravo che hai consigliato quel docufilm , l ho visto anni fa, è davvero stupendo! Strepitoso è anche il lavoro di Salgado in Kuwait dove documenta gli incendi ai pozzi petroliferi del '91.

avatarjunior
inviato il 06 Febbraio 2021 ore 22:27

Mediamenta credi davvero che quelle donne hanno voluto mettere al mondo decine di figli o forse sono state ripetutamente violentate?


Evvai, abbiamo capito il problema della natalità africana o asiatica: miliardi di stupri l'anno.
Mah.... cmq non è che credo. Raccolgo testimonianza da amici subsahariani che provengono da famiglie numerose: la libido cala con l'aumentare della consapevolezza. In un certo senso, da un certo punto di vista, ha poca importanza se si mette al mondo una squadra di calcio per violenza di partner occasionali o abituali o perché ci si ama. Perché cmq sono atti compiuti da chi il futuro lo subisce, non lo pianifica, non sa nemmeno immaginarlo nella sua complessità. Arrivano da fuori i fotografi occidentali e invece di denunciare la mancanza di scolarizzazione diffusa speculano su questo suo particolare effetto, il contagio della povertà attraverso le generazioni. Non so a voi, ma a me piace poco.

Mediamente neppure pittori attuali lo fanno piú nemmeno sotto tortura ;-)


Certo, visto che il concettuale è più semplice. Cos'è infatti il concettuale se non un foglio disorganizzato, caotico, che offre quasi tutte le possibilità interpretative del foglio bianco, non scritto. La tela bianca è il grado zero, la tela con un taglio in mezzo, magari rossa, è un piccolo passettino avanti, ma di sicuro non è un'opera compiuta. Il concettuale ha elevato l'incompiutezza, il significante, a dignità fattuale, a creatura dell'artista, capace di camminare sulle proprie gambe, nella mente di chi accetta queste regole del gioco. E di sicuro una natura morta è molto meno significativa, perché non è un'opera aperta, ma ha lo scopo di ornare una porzione di parete senza grandi ambizioni o vanità.

con il pennello realizzi il disegno che hai in mente, con la fotocamera rappresenti la realtà attraverso un filtro tecnico definito al momento dello scatto.


Io credo una cosa diversa, che ho capito proprio attraverso il film di Wenders su Salgado. La creatività non avviene al momento dello scatto, come se fosse un singolo scatto e non un insieme di due o tremila scatti tra cui scegliere nell'arco di diversi mesi prima di andare in mostra.
Tu immagini una mostra, hai il puzzle delle migliaia di scatti, le passi in rassegna, immagini un percorso in crescendo, anche un crescendo negativo se si tratta di una stagione all'inferno, e alla fine di questo percorso, o al culmine, insomma come conclusione del plot narrativo, metti la foto per te più significativa. Non la più significativa in assoluto se non sei in grado di costruirle intorno un maelstrom di immagini ancelle, ma quella più adattabile a ciò che il visitatore percorrerà con legittimo e indispensabile voyeurismo, e allo stesso tempo capace di stare in piedi da sola in una antologia di fotografi o di tematiche.

Penso che la fotografia sia essenzialmente testimonianza , e Salgado fa esattamente questo.


Non so se l'ho già scritto ma ho imparato molto più da Toscani che da Salgado, vedendo i rispettivi documentari. Toscani parla della propria attività, Salgado di politica in termini peraltro non risolutivi, sterili. Basterebbe chiudere gli occhi, andare con la forza dell'immaginazione a Scampia, o a Corviale o cmq nel parco a rischio vicino casa, immaginare di scattare foto, immaginare di temere per l'attrezzatura e per se stessi, immaginare così un proprio personale reportage per imparare di più.

La stessa scena ritratta da chiunque potrebbe essere mera documentazione poco interessante, ma fatta da uno di loro, con la lente giusta, il taglio particolare e relativa pp, diventa anche espressione artistica.


"Fermo! Aspetta che tiro fuori dalla borsa la lente giusta!" Non credo che un reportage funzioni così. Credo che ciò che descrivi faccia parte della tua selezione di immagini di tanti fotografi, che vanno scremate prima da loro e poi da te. Parliamo di una base statistica di decine o centinaia di migliaia di scatti.

nel caso di Salgado, già la scelta di fare esclusivamente B/N sarebbe da sola più che sufficiente a definirne un tratto artistico


Ni. La fotografia a colori è nata certamente dopo quella monocroma. Scegliere il bianco e nero inoltre rimanda ai quotidiani che, fino alla fine del Novecento, erano stampati appunto in bianco e nero. Uniamo a ciò la atemporalità apparente (ma per noi sostanziale) di alcune popolazioni estranee alle mode occidentali - necessaria perché l'esotico ha quel sapore di foto memorabile -e avremo praticamente le giustifiche di una scelta obbligata.

Un intervista di Salgado, molto toccante perché è un grido di aiuto, ma allo stesso tempo moto pratico sull'organizzazione che c'è da fare per recarsi in certi luoghi per poterli fotografare.



Se stessimo parlando di Piero e Alberto Angela, e degli autori che scrivono loro i testi, e noi fossimo boh scrittori o ghostwriter o parolieri e questo fosse un forum di, che ne so, letteratura moderna, troverei questo video estremamente interessante. Ma come altrove anche qui mi manca la descrizione del rapporto della fotografia con tutto questo. Perché li fotografi in bianco e nero? Perché usi un grandangolare anziché un tele? Ti porti ancora le 1D? Cosa metti nello zaino dell'attrezzatura? Usi solo luce naturale, magari con qualche pannello riflettente? Queste e altre domande vedo che non hanno risposta.

Lui è brasiliano e in teoria dovrebbe esporre in Brasile. Ma farebbe ben poco pubblico... Siccome però ha studiato all'uni a Parigi, e infatti ha un francese invidiabile, soprattutto nella pronuncia, ha successo in patria perché ha successo fuori. Le foto degli indigeni dell'Amazzonia non sono fatte, infatti, per colpire i brasiliani direttamente.
Anche così da anziano c'è proprio una nolontà nel trasmettere la passione fotografica. Mi pare più un agitatore politico, il suo è il discorrere di uno che fa appelli internazionali, un vescovo, un pontefice, una rockstar. Ma sta roba col discorso fotografico non c'entra e non perché non c'entri, ma perché è il discorso fotografico a essere tenuto fuori, non citato, non visto.
Chi stampa enciclopedie dovrebbe dirmi delle fonti ma anche del suo lavoro. Salgado parla solo del contenuto delle fonti, poco delle fonti e nulla del lavoro specifico per rappresentarle.

Che cosa ne pensi di questo argomento?


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