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Il mistero della foto scomparsa ovvero: può una foto ritratto restituire l'essenza della persona?


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avatarjunior
inviato il 01 Maggio 2024 ore 12:03

Uccio la differenza è che oggi abbiamo migliaia di foto, una volta no.
Se guardi foto dei tuoi nonni di cui, ragionevolmente, ce ne sono poche ti emozioni di più che a guardare centinaia o migliaia di foto di una coppia moderna.
Almeno per me è così.

avatarsenior
inviato il 01 Maggio 2024 ore 15:52

Io ritraggo ragazze da 60 anni.

Le emozioni che ne traggo non possono essere che mie (che conosco la persona!) e della fanciulla ritratta. Le emozioni degli altri NON mi interessano PUNTO (no mostre; no esposizioni; no pubblicazioni. NON chiedo MAI, del resto, le liberatorie)! Tanto più che le "emozioni degli altri" si configurano, molto spesso, in un apprezzamento alle caratteristiche fisiche del soggetto, ed alla curiosità del nostro livello di conoscenza (in senso biblico) reciproco! Non mi interessa!

SECONDO ME, il ritratto è tecnicamente RELATIVAMENTE facile: il fotografo sceglie, quasi sempre, location (che DEVE essere confortevole), tempi, luci, attrezzature, i tempi, ecc.. La difficoltà, quella vera, è di far "uscire" quegli aspetti della personalità (più che della fisicità) che mi hanno colpito; il "rapporto", insomma, preesistente ed esistente al momento dello shooting.

Seguo tre "regole": 1) scelgo/spingo a scegliere una location che faccia sentire a proprio agio la persona; 2) le chiedo di DIMENTICARE l'esistenza di una macchina fotografica nelle mie mani (Canon Serie 1, ed 85 "big one", ad esempio!!!MrGreenMrGreenMrGreen un pò di ironia fà sempre buon sangue); 3) la prego di NON cercare di essere più bella di quello che è. Quello che è BASTA ed AVANZA SEMPRE (premetto che di ragazze brutte NON ne fotografo MAI. Per RISPETTO nei loro confronti: non vorrei trovarmi mai nella "drammatica" condizione di presentare le immagini di una "cessa epocale" ad una persona, e doverle dire "ecco, 'sta roba saresti tu!").

Ricordo sempre di aver visto un docu-film TV incentrato su di un celeberrimo fotografo ritrattista (forse -non ricordo bene- il compianto Giovanni Gastel). Questi, alle prese con un personaggio famoso si sentì chiedere: "Cosa devo fare?" Egli rispose: "Quello che vuoi!" ...

GL

avatarsenior
inviato il 01 Maggio 2024 ore 16:39

Giovanni le fanciulle ritratte sono persone che conosci o che non conosci? Parli di fare uscire "quegli aspetti della personalità (più che della fisicità) che mi hanno colpito", presupporrebbe che tu conosca bene le persone ritratte.

avatarsenior
inviato il 01 Maggio 2024 ore 17:30

Si Andrea! Persone che conosco! Con "una" che non conosco avrei la sensazione di fotografare ... un vaso di fiori! Poi ci sono persone che "colgo" (molto) rapidamente, ed altre che mi richiedono più tempo ... calcola che un'attività professionale che ho svolto a lungo è stata l'hiring (selezione del Personale) ... ma questi sono discorsi altri! Ciao. GL

avatarsenior
inviato il 01 Maggio 2024 ore 17:47

"Che tale foto non sia mai veramente esistita?"

E se Barthes fosse stato, semplicemente, rincoglionito?


Forse gioverà ricordare che in tutti i libri scritti in prima persona l'io narrante non coincide con la persona dell'autore.

avatarsenior
inviato il 01 Maggio 2024 ore 17:56

"Forse gioverà ricordare che in tutti i libri scritti in prima persona l'io narrante non coincide con la persona dell'autore".

Cioè Barhes non parlerebbe della propria madre e delle foto che la ritraggono? Si riferirebbe ad un'immaginaria persona che scrive della propria madre e delle foto che la ritraggono, come un romanzo di fantasia narrato in prima persona?

avatarsenior
inviato il 01 Maggio 2024 ore 19:14

Forse gioverà ricordare che in tutti i libri scritti in prima persona l'io narrante non coincide con la persona dell'autore.


Di solito infatti è così, fiction o autofiction. Però c'è anche Primo Levi che si accolla la responsabilità enorme di raccontare se stesso e di stare nella verità. La reazione del lettore in questo caso è di scetticismo se non di condanna morale, infatti Se questo è un uomo fu rifiutato da Einaudi (lettori Natalia Ginzburg e Cesare Pavese). La società lascia alla pretesa di verità lo spazio di un interstizio quando va bene.

avatarsenior
inviato il 01 Maggio 2024 ore 19:20

alcune persone non sono "portare" a posare .. non risultano naturali nella posa e nelle espressioni..


La posa in se non è 'naturale', quindi perché dovrebbero sembrare naturali?

avatarsenior
inviato il 01 Maggio 2024 ore 19:55



Però c'è anche Primo Levi che si accolla la responsabilità enorme di raccontare se stesso e di stare nella verità. La reazione del lettore in questo caso è di scetticismo se non di condanna morale, infatti Se questo è un uomo fu rifiutato da Einaudi (lettori Natalia Ginzburg e Cesare Pavese). La società lascia alla pretesa di verità lo spazio di un interstizio quando va bene.



"Forse gioverà ricordare che in tutti i libri scritti in prima persona l'io narrante non coincide con la persona dell'autore".

Cioè Barhes non parlerebbe della propria madre e delle foto che la ritraggono? Si riferirebbe ad un'immaginaria persona che scrive della propria madre e delle foto che la ritraggono, come un romanzo di fantasia narrato in prima persona?



Una cosa comune a tutti i sopravvissuti alla Shoah fu la sensazione che quello che avevano da raccontare nessuno lo potesse credere.

A volte chi scrive sta molto vicino alla realtà, davvero davvero molto. Ma a nessuno si può chiedere di raccontare tutto di sè in un libro. Sarebbe troppo.

avatarsenior
inviato il 01 Maggio 2024 ore 19:57

@Canti Vittorini l'avrebbe preso, come fece con Lucio Mastronardi, per esempio. Sono ritornato anche a Bianciardi.
In parallelo con "Petrolio", ma ho sempre fatto troppa fatica a leggere PPP. Di cui condivido il giudizio sul 68 italiano.
Insomma sono un po' un "taja e medèga" come si dice in brianzolo.
Barthes comincio a "capirlo" alla terza lettura, in inglese per concentrarmi di più. Ma è un collage che poteva condensare di molto.

avatarsenior
inviato il 02 Maggio 2024 ore 10:27

no, ma forse si dimentica di ocnsiderare il fatto che una persona e' in divenire continuo. Non si puo' avere la pretesa di coglierne l'essenza globale.

L'arte del ritratto e' (secondo me) cogliere uno sprazzo e fissarlo. Fissare l'animo di quel preciso istante.

Con naturalezza, con grazia, ma anche con sincerita'.

Il ritratto di un momento felice sara' profondamente diverso dal ritatto della stessa persona ripresa in un momento di dolore. Probabilmente le due fotografie, se confrontate, pur mostrando la stessa persona, saranno molto diverse tra loro.

avatarsenior
inviato il 02 Maggio 2024 ore 10:34

"si dimentica di ocnsiderare il fatto che una persona e' in divenire continuo. Non si puo' avere la pretesa di coglierne l'essenza globale".
Più che giusto, e poi ciascuno di noi ha una propria idea di una data persona che può non coincidere con l'idea altrui. E ciascuno di noi ha un' idea di sé stesso che, appunto, può cambiare nel tempo, ma può anche essere un'idea confusa, anche molto confusa.
Insomma uno nessuno e centomila.

avatarsenior
inviato il 02 Maggio 2024 ore 10:43

Con "una" che non conosco avrei la sensazione di fotografare ... un vaso di fiori!


Non sono del tutto d'accordo...
E' vero che un certo tipo di ritratto e' piu simile alla fotografia di un vaso di fiori. Non a caso, parlando della foto di Nicholson ho parlato di still life di una persona.MrGreen
Ma dipende dal fotografo. Da cio' che vuole ottenere. Se vuole uno still o se vuole rubare l'anima.MrGreen

Mi e' capitato spesso di fotografare sconosciuti/e. Incontrati per caso in un luogo qualsiasi. Spesso nasce una sorta di innamoramento. Ti vedono con la fotocamera, Tu li vedi e ti rendi conto che in loro si e' accesa la voglia di farsi fotografare.

A quel punto il ritratto, anche se di una sconosciuta, diventa qualcosa di piu di uno still... Inizia un dialogo che porta a catturare l'essenza di quel momento.

Le persone si mettono in posa nel momento in cui sono sulla difensiva. Quando sono tranquille abbassano (non totalmente ) le barriere. Sta al fotografo rendere tutto facile. In questo conta moltissimo l'esperienza a la capacita di instaurare rapporti con sconosciuti.

Nel frattempo si studia la persona. Personalmente la maggior parte degli scatti che faccio ad una persona non e' finalizzata ad ottenere una immagine. Ma sono scatti fatti per abbassare il livello di tensione nel soggetto e tranquillizzarlo.

Lo scatto vero, quello decisivo, di solito arriva d'improvviso e non viene percepito dalla persona ritratta.




avatarsenior
inviato il 02 Maggio 2024 ore 16:23

@Salt. Sono d'accordo con te fino alle virgole! Non a caso ho scritto:
" ... Poi ci sono persone che "colgo" (molto) rapidamente, ed altre che mi richiedono più tempo ... ".
E' vero: ci sono persone con le quali la metacomunicazione fà il suo sporco lavoro in un lampo!
Il "vaso di fiori" era riferito, ad esempio, ad una persona che entra in uno studio, e "pretende" di essere fotografata di punto in bianco (o alla richiesta estemporanea di una sconosciuta con la quale NON si percepisce" alcun feeling).
Ciao. GL

avatarsenior
inviato il 05 Maggio 2024 ore 12:08

Sono ritornato anche a Bianciardi.
In parallelo con "Petrolio", ma ho sempre fatto troppa fatica a leggere PPP. Di cui condivido il giudizio sul 68 italiano.
Insomma sono un po' un "taja e medèga" come si dice in brianzolo.


Valgrassi, sei bravissimo. Tieni insieme scienza e letteratura, è roba da illuminati.
Sai che il figlio di Bianciardi, Ettore, aveva la passione della fotografia e usava anche il Foveon, infatti si iscrisse al forum Foveon e interagì con qualche messaggio.

La cosa buffa è che quando lessi il suo cognome sul forum gli scrissi che mi faceva piacere perché mi ricordava il nome di un grande scrittore di cui avevo amato enormemente La vita agra. Ho scoperto dopo che Luciano Bianciardi era proprio suo padre.

Che cosa ne pensi di questo argomento?


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