RCE Foto

(i) Per navigare su JuzaPhoto, è consigliato disabilitare gli adblocker (perchè?)






Login LogoutIscriviti a JuzaPhoto!
JuzaPhoto utilizza cookies tecnici e cookies di terze parti per ottimizzare la navigazione e per rendere possibile il funzionamento della maggior parte delle pagine; ad esempio, è necessario l'utilizzo dei cookie per registarsi e fare il login (maggiori informazioni).

Proseguendo nella navigazione confermi di aver letto e accettato i Termini di utilizzo e Privacy e preso visione delle opzioni per la gestione dei cookie.

OK, confermo


Puoi gestire in qualsiasi momento le tue preferenze cookie dalla pagina Preferenze Cookie, raggiugibile da qualsiasi pagina del sito tramite il link a fondo pagina, o direttamente tramite da qui:

Accetta CookiePersonalizzaRifiuta Cookie

Il segno nella fotografia digitale


  1. Forum
  2. »
  3. Blog
  4. » Il segno nella fotografia digitale





avatarjunior
inviato il 03 Maggio 2024 ore 9:07

PREDATORE

Intuisco una certa voglia di approdare a qualcosa di "utile" e, in effetti, se i segni fossero una cosa morta, a livello macrospopico potremmo concludere di aver smontato pezzo per pezzo tutta la pantomima legata ai sistemi auto-focus di "riconoscimento ed inseguimento" nella fotografia digitale: altro non sono che una combinazione di segni iconici e segni indicali. Per mezzo di un database iconico vi è il riconoscimento del soggetto e per mezzo di un database indicale si gestiscono tutti i futuri (movimenti) possibili. Come vedete tutto ciò accade al di fuori del simbolico, ed infatti anche il predatore naturale (es. un felino) si "rappresententerebbe" la scena di caccia nello stesso modo. Con una differenza: lui sa che i segni sono vivi e sono in relazione. Le loro qualità "sensibili" sono soltanto un aspetto della dinamica attraverso cui giungono a esistere, crescono e hanno effetti nel mondo.

avatarjunior
inviato il 03 Maggio 2024 ore 10:38

INTERPRETANTE

L'interpretante è "un nuovo segno che interpreta il modo in cui un segno precedente si relaziona al suo oggetto". La semiosi - per estensione - è quel processo dinamico che rende ogni interpretante sempre più specifico: ogni segno genera un effetto ed un interpretante è esattamente questo. Quindi: sebbene la semiosi sia qualcosa di piú di energia e materialità, alla fine tutti i processi signici “fanno cose” e questo è un elemento importante di ciò che li rende vivi. La mente stessa [o sé] ricade dentro questo modo di "essere" semiosi. Quel “qualcuno”, umano o non, che prende "qualcosa" come significante è “quell'altro se stesso che sta venendo alla vita nel flusso del tempo” (Peirce). Sebbene ogni segno sia effimero, quindi, lo scomodo locus-dell'interpretante elude la fallacia dell'homunculus ovvero quella romantica idea che ci sia una sorta di scatola nera insita in noi che tutto governa.

avatarjunior
inviato il 03 Maggio 2024 ore 12:28

BEUTA

Provocazione: invito il lettore a figurarsi lo smartphone come una beuta. Questo esercizio ci catapulta nel mondo di Lavoiser, l'inventore della chimica. I segni, l'abbiamo detto, hanno effetti nonostante non siano riducibili ad un mero rapporto fisico di causa-effetto. Emerge tuttavia una sorta di "catena mediata" che salta dal regno del simbolico degli umani a quello del corpo umano e delle sue azioni, e da questi agli eventi "nel mondo". La materialità dei segni ha una sua importanza: essi possiedono delle qualità sensibili; vengono istanziati dai corpi che li producono e da cui sono prodotti e possono fare la differenza, nei mondi a cui si riferiscono. Eppure, come lo spazio delimitato dalle pareti della beuta, i segni sono anche in larga misura immateriali. Una beuta di vetro è caratterizzata tanto da ciò che è quanto da ciò che non è. Ergo: determinati tipi di "reazioni" possono avere luogo in questa beuta proprio perché tutte le altre vengono escluse.

avatarjunior
inviato il 04 Maggio 2024 ore 8:08

COMES TO FIT

Uso questa espressione inglese per introdurre il concetto di "appropriato" [that "fits"] in chiave dinamica. Questo andare verso qualcosa che "si adatta" è un processo selettivo-evolutivo e non qualcosa di statico. Terrence Deacon usa l'espressione "assenze costitutive" per tentare di descrivere cosa accada all'interno del processo in sé. Nel nostro caso osserviamo come l'iconicità sia il prodotto di ciò che non viene notato mentre l'indicalità implichi la previsione di ciò che non è ancora presente. E la referenza simbolica? Quest'ultima "segnala e cattura" l'immagine di mondi assenti grazie a come è iscritta in un sistema simbolico che costituisce il contesto assente (!!!) del significato. Una novità? Affatto: già il filosofo cinese Laozi ebbe a riflettere su come sia il buco del mozzo a rendere "utile" una ruota.

avatarjunior
inviato il 04 Maggio 2024 ore 8:49

PROVINCIALIZZARE

Se il contesto è un effetto del simbolico - ovvero, senza il simbolico non avremmo nessun contesto linguistico, sociale, culturale nel senso in cui comunemente lo intendiamo - ne deriva che questo tipo di contesto non circoscrive completamente le nostre realtà perché viviamo anche in un mondo che eccede il simbolico stesso. L'errore di fondo è insistere, ottusamente, nell'universalizzazione della "rappresentazione" che invece, usando un'espressione di Dipesh Chakrabarty, andrebbe provincializzata, perchè altrimenti non si riuscirà mai a percepire in quanti e quali modi (sensibili e non) il mutante della fotografia digitale presente e sopratutto in divenire operi diversamente da noi.

avatarjunior
inviato il 04 Maggio 2024 ore 9:17

DELEUZIANO

Nel campo delle relazioni tra essere umano e dispositivo tecnologico, sebbene vi siano semiotiche in divenire, esse non sono completamente circoscritte dal simbolico. Allineare da una parte gli umani, la cultura, la mente e la rappresentazione, e dall'altra i non umani, la natura, i corpi digitali e la materia è un'operazione di riduzionismo (In&Out) presente persino in quei approcci filosofici che tentano di abbattere le frontiere erette nel passato per interpretare gli umani come separati dal resto del mondo. Persino i deleuziani più arditi, i figliocci di Gilles Deleuze, che negano la pertinenza analitica della rappresentazione – considerano quest'ultima, al massimo, come una questione mentale esclusivamente umana. Ma ciò non ci dice tutto.

avatarjunior
inviato il 04 Maggio 2024 ore 10:00

LATOURIANO

Bruno Latour va oltre proponendo un trattino di congiuntura tra "nature" e "culture". Metaforicamente parlando immagina una ghiandola pineale [nature-culture] e con un'analitica della "mescolanza" si prefigge lo scopo di correggere lo squilibrio dualistico tra materia insensibile e umano desiderante per contenere quell'implicito anelito all'onnipotenza simbolica conferendo, al tempo stesso, alle cose una maggiore agentività [rimando alla voce AGENCY] . Ciò ricorda molto la dinamica insita nei pidgin linguistici [rimando alla voce PIDGIN] ma ha un grosso limite ovvero quello di creare infiniti "omuncoli" a tutti i livelli: delle piccole "teste" cartesiane che il latouriano genera inavvertitamente a ogni scala. L'errore? Il pidgin funziona per il linguaggio, ed il linguaggio è simbolismo puro, quindi non può "rappresentare" tutto.

avatarjunior
inviato il 04 Maggio 2024 ore 10:41

DUALISMO

Superare il dualismo non consiste nello sbarazzarsi della rappresentazione e neppure nel proiettarla altrove, ma nel rifocalizzare ciò che intendiamo con rappresentazione e questo implica riconsiderare anche chi, in questo mondo, è in grado di rappresentare. Quale tipo di vita assume la semiosi quando viene spinta oltre l'umano, oltre le propensioni umane - come la facoltà di ricorrere al linguaggio - e oltre le preoccupazioni umane che tali propensioni generano? È possibile questa esplorazione? Oppure i contesti "troppo umani" in cui viviamo sbarrano la strada a queste ipotesi? Siamo intrappolati per sempre nei nostri modi di pensare mediati simbolicamente? Rappresentazione, intenzione e futuro sono "nel mondo", oppure no?

user260073
avatar
inviato il 04 Maggio 2024 ore 11:36

Buongiorno; mi perdoni l'ardire, ma tutte queste nozioni potranno migliorare la fotografia?Confuso

avatarjunior
inviato il 04 Maggio 2024 ore 12:06

Buongiorno Garrincha,
è una domanda interessante e la mia risposta è: non intenzionalmente. Ma può accadere, perché no, che qualcuno trovi conveniente - per sé stesso - indugiare su diversi aspetti connessi al totem fotografico. Garantisco che non ho usato casualmente la parola "totem" ed anche solo questo potrebbe promuovere una sorta di auto-riflessione in lei, per come mi ha posto la domanda.

avatarjunior
inviato il 04 Maggio 2024 ore 23:46

UNIDIREZIONALITÀ

Parlando del pidgin ho già specificato che, di quel contesto linguistico, a noi più che altro interessa comprendere come - un nuovo idioma - possa vedere la luce come risultato di molteplici e successive stratificazioni gerarchiche, affatto casuali. Adesso, questo processo creativo, lo dobbiamo anche intendere come unidirezionale: una volta che il pidgin è nato non lo si può più smontare, pezzetto per pezzetto, e ritornare all'origine ma può solamente evolvere oppure - se quel pidgin ha esaurito la sua utilità e la sua funzione "nel mondo" - essere del tutto abbandonato e quindi dimenticato. Una dinamica simile accade anche con i segni semiotici, per mezzo delle associazioni conseguenti.

avatarjunior
inviato il 04 Maggio 2024 ore 23:52

ASSOCIAZIONI

1) Una certa relazione tra alcuni segni iconici produce una forma di "referenza" dotata di proprietà specifiche che derivano, senza per questo condividerle, dalle logiche associazionali con cui sono in continuità. 2) I segni indicali forniscono informazioni dicendoci qualcosa di nuovo su qualcosa che non è ancora presente. 3) Anche i simboli, chiaramente, forniscono informazioni. Il modo in cui operano è in continuità con gli indici, ma funziona diversamente: cosí come i segni indicali sono il prodotto delle relazioni tra icone ed esibiscono proprietà specifiche rispetto a questi segni piú essenziali, i simboli sono il prodotto delle relazioni tra indici e hanno le loro specifiche proprietà.

avatarjunior
inviato il 05 Maggio 2024 ore 0:12

RELAX

Non fate l'errore di pensare alle icone come a dei segni che si riferiscono a similarità tra cose che sappiamo essere differenti. Sappiamo, per esempio, che la figura iconica dell'omino sulla porta del bagno somiglia - ma non è uguale - alla persona che eventualmente attraverserà quella porta. Ma quando ci figuriamo questo tipo di esempi mondani, perdiamo di vista qualcosa di piú profondo rispetto all'iconicità: la semiosi non inizia con il "riconoscimento" di una qualsiasi similarità o differenza intrinseca. Al contrario, inizia dal fatto di non notare alcuna differenza. Comincia dall'indistinzione perché - con le icone - il pensiero è a riposo. Può aiutare, piuttosto, un rimando in senso lato alle tecniche orientali di meditazione.

avatarjunior
inviato il 05 Maggio 2024 ore 9:41

DEITTICO

O meglio ancora, relazione deittica. Facciamo l'esempio più classico: il nostro cagnolino può associare una “parola” come “seduto” a un determinato comportamento. In quanto tale, “seduto” funziona indicalmente. Ovvero il cane può capire “seduto” senza capirlo simbolicamente, senza che ciò sia ancora linguaggio (umano) vero e proprio. Infatti "imparare a memoria" le correlazioni segno-oggetto non coglie la logica del linguaggio. Allo stesso modo quando i bambini acquisiscono per la prima volta il linguaggio, si produce un cambiamento semiotico: smettono di usare i segni linguistici come indici e passano a riconoscere i loro contesti simbolici piú ampi.

avatarjunior
inviato il 05 Maggio 2024 ore 10:08

LABORATORIO

Come accade per gli scienziati "classici" anche per gli umanisti è più facile ricreare in laboratorio le condizioni ideali per esasperare, e quindi rendere più evidenti, i processi che sono oggetto del loro studio. Tra i molti esempi possibili cito quello della psicologa Emily Sue Savage-Rumbaugh. Tutto il suo lavoro di laboratorio sui primati è stato poi utilizzato, speculativamente, per descrivere la gerarchia nella dinamica semiotica e, da questa descrizione, arrivare a comprendere - ad esempio - dove nasca quella sgradevole sensazione di "separazione" che può generare le tristemente note, e molto comuni, crisi di panico nei soggetti predisposti all'iper-simbolismo.

Che cosa ne pensi di questo argomento?


Vuoi dire la tua? Per partecipare alla discussione iscriviti a JuzaPhoto, è semplice e gratuito!

Non solo: iscrivendoti potrai creare una tua pagina personale, pubblicare foto, ricevere commenti e sfruttare tutte le funzionalità di JuzaPhoto. Con oltre 243000 iscritti, c'è spazio per tutti, dal principiante al professionista.






Metti la tua pubblicità su JuzaPhoto (info)


 ^

JuzaPhoto contiene link affiliati Amazon ed Ebay e riceve una commissione in caso di acquisto attraverso link affiliati.

Versione per smartphone - juza.ea@gmail.com - Termini di utilizzo e Privacy - Preferenze Cookie - P. IVA 01501900334 - REA 167997- PEC juzaphoto@pec.it

www.juzaphoto.com - www.autoelettrica101.it

Possa la Bellezza Essere Ovunque Attorno a Me