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Il segno nella fotografia digitale


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avatarjunior
inviato il 09 Maggio 2024 ore 23:39

SFIDA

L'abito-capacità di sbarazzarsi selettivamente di determinati abiti ha come risultato l'emergere dinamico d'abiti d'ordine superiore. In termini più mondani: "crescere" richiede di imparare "qualcosa" su ciò che ci circonda, il che a sua volta implica regolarmente uno scombussolamento delle nostre aspettative. Ma attenzione: è proprio in questi momenti di scombussolamento - di “shock adattivo” - che gli abiti del mondo si rendono manifesti perché, in stato di riposo, noi siamo portati a non-accorgerci degli abiti che "abitiamo". E ciò non vi ricorda nulla? È la semiotica che sta lavorando con le sue icone-relax e indicali-trasalimento! La sfida che accompagna tale scombussolamento è quella a "crescere". La sfida della vita è creare un nuovo abito che includerà tal'altro abito estraneo, e al contempo ricostituire di nuovo "noi stessi", anche se per un momento soltanto, in unità [armonica] con il mondo che ci circonda.

avatarjunior
inviato il 10 Maggio 2024 ore 0:44

TUTTO

Sebbene il concetto di "tutto" sia estremamente vago e indeterminato anche nella dinamica semiotica, come in biologia, il tutto precede la parte, la somiglianza precede la differenza. Come l'embrione monocellulare, per quanto semplice, è un tutto proprio come l'organismo multicellulare in cui si svilupperà allo stesso modo pensiero e vita, all'origine, vanno intesi come un tutto. Le cose cambiano, però, nel regno delle "macchine" dove è la parte differenziata a venire prima del tutto assemblato. Su questo tema - ai nostri fini s'intende - il filosofo di riferimento è Henri Bergson il quale scrisse che: "la logica meccanicistica è possibile solo perchè esiste già un sé [un tutto] al di fuori della macchina che la disegna e costruisce". Certo: le "macchine" di cui parlava Bergson non erano i dispositivi mutanti con cui ci relazioniamo noi oggi ma, come punto di partenza, la distinzione che opera Bergson può andare bene visto che le macchine non si auto-concepiscono neppure oggi.

avatarjunior
inviato il 10 Maggio 2024 ore 9:08

AUTOMATISMO

Abbiamo bisogno di inquadrare concettualmente cosa sia un "automatismo" all'interno dello schema di cose della semiotica. Ora: se la materia inanimata è un sé i cui abiti sono diventati "fissi" - [non-crescita] - possiamo anche ipotizzare che questo intrappolamento con tendenza all'infinito si sia verificato non a caso, non per un tiro di dadi, ma al manifestarsi di una determinata [determinabile] condizione. Quale potrebbe essere, in senso generale? Potrebbe essere il raggiungimento di un'abito-soglia che ci possiamo rappresentare con l'espressione di "sufficientemente adeguato". Questa definizione s'adatta non solo al mondo degli automatismi macchinici ma anche al sé umano: in effetti capita, pur per mezzo del simbolismo, di automatizzare mentalmente determinate "attività" ripetitive in quanto il livello di rendimento/adeguatezza ottenibile senza ulteriori "shock adattivi" è già mediamente corrispondente alle nostre aspettative.

avatarjunior
inviato il 10 Maggio 2024 ore 9:39

LEITMOTIV

"Il reale, se esiste, è più di ciò che esiste": non è un gioco di parole ma è il leitmotiv in cui ci imbattiamo automaticamente per mezzo della dinamica semiotica, un'eterno ritorno dal sapore nietzschiano. È per questo che, in semiotica, si preferisce parlare di "realismo" e delle sue (possibili) rappresentazioni. Tutto sommato, guardando la cosa in chiave etica, c'è anche un pizzico d'umiltà in questo approccio. La domanda filosofica conseguente potrebbe essere se - anche questo leitmotiv - sia un abito, una generalità, una terzità che si è "fissata" con tendenza all'infinito in quanto - ciò che ci possiamo rappresentare, con tutti i suoi limiti per carità - sia di già "sufficientemente adeguato" a concepire il reale stesso. Dunque, non una vera e propria "conoscenza esaustiva" [vedi: iper-simbolismo] quanto, piuttosto, una captazione, un'intuizione, una "sensazione" della realtà. Miele wagneriano per le orecchie, questo leitmotiv.

avatarsenior
inviato il 14 Maggio 2024 ore 7:02

it.m.wikipedia.org/wiki/Charles_Sanders_Peirce

avatarjunior
inviato il 14 Maggio 2024 ore 9:02

@Rocco Vitali

Generalmente evito i link alla wiki MrGreen ma capisco che servano per farsi un'idea generale.
Sul lavoro teorico di Peirce ho una conoscenza approfondita ma, come si direbbe oggi, lo utilizzo “lateralmente”, nel senso che la sua analitica a me serve, in ambito professionale, in combinazione all'approccio logoterapeutico in psichiatria.
La combinazione delle due cose - a mio avviso - ha dato una nuova tridimensionalità anche al lavoro diagnostico di Viktor Frankl e, in realtà, la cosa va oltre il “mio avviso” dato che esiste un vero e proprio orientamento metodologico in questo senso.

Ritengo parimenti possibile rapportare il tutto anche alla fotografia digitale, viste le sue peculiarità, ed il modo in cui cambia, tangibilmente, sia il modo di percepire il reale sia il modo di rapportarsi ad esso. Il che, inevitabilmente, finisce con il ricadere nel campo della psicologia cognitiva che è - per definizione - il “locus” terminale, la fine del viaggio, del medium fotografico di ieri, di oggi e del futuro prossimo a venire.

Mi rendo perfettamente conto di come, l'appassionato di fotografia sui generis, faccia il percorso esattamente inverso a questo mio studio in itinere e parta dal cognitivismo (ad personam) per arrivare, mezzo secondo dopo… ad un “mi piace”, ad un “mi suona bene”, ad un “mi dice qualche cosa”. Con i miei tempi e la mia discontinuità mi piacerebbe offrire a chi legge qualcosa di diverso rispetto a una lista di modalità operative da seguire o meno. Per me i “come” vengono sempre dopo i “perchè” e questo spiega anche perché l'approccio non possa che essere speculativo ed il linguaggio il più circostanziato possibile.

avatarsenior
inviato il 14 Maggio 2024 ore 10:06

Scusami ho pensato fosse utile per l'utente comune o per l'utilizzatore finale come diceva qualcuno poco tempo fa ;-)

avatarsenior
inviato il 14 Maggio 2024 ore 10:15

Ho letto tutto il topic interessante e piacevole,
poi se ti va se posso farti qualche digressione sui tuoi post per una spero piacevole discussione costruttiva .
E mo' me lo rileggo tutto ;-)

avatarjunior
inviato il 14 Maggio 2024 ore 10:58

@Rocco Vitali
Leggerò con piacere ogni tua digressione nel merito o proposta aggiuntiva.

Nel frattempo una piccola revisione ai miei precedenti post:

SCIVOLONE

Rileggendomi a distanza di qualche giorno scopro perché mi sono bloccato. Alla voce LEITMOTIV inciampo nella classica buccia di banana nello scrivere: "Tutto sommato, guardando la cosa in chiave etica, c'è anche un pizzico d'umiltà in questo approccio". Questa considerazione, per quanto corretta all'interno di un sistema di cose "morale" [vedi il riferimento all'umiltà] , qui però va considerata fuori posto, ed è uno scivolone di non poco conto. Con Peirce miriamo a superare i confini di quel particolare abito – il simbolico – che ci rende gli esseri "eccezionali" che "supponiamo" di essere. Ma l'obiettivo della sua semiotica non è minimizzare gli effetti unici di quest'abito, ma solo mostrare come quel "tutto" [insieme] che è il simbolico sia aperto ai numerosi altri abiti che possono proliferare, come in effetti fanno, nel mondo. L'obiettivo, in sintesi, è creare quelle condizioni naturali affinché sia possibile recuperare la sensazione di "essere" [seità] un "tutto aperto". Pertanto: è del tutto evidente come qualsiasi aggettivazione moralistica sia del tutto fuori luogo. Un "di più" non necessario e antiproduttivo, che mi rimangio - tenendo buono il resto - prima di proseguire.

avatarjunior
inviato il 14 Maggio 2024 ore 14:57

METÀ

Dobbiamo a Roy Wagner la constatazione, semplice ma geniale, di come “non sia possibile avere metà di un'immagine”. Il rischio qui sarebbe quello di litigare sul verbo “avere”. Cosa intendiamo? Più come possedere o più come captare? Steven Feld, linguista ed etno-musicologo, però ci aiuta non poco con il suo lavoro in relazione alla musica. La sua lunga riflessione sul simbolico-sonoro può, in parte, essere traslato anche in riferimento alla fotografia digitale. Il simbolico-umano, abbiamo detto, è un "tutto aperto" perché è innestato su un piú ampio genere di "tutto" in cui finisce per riversarsi. Le condizioni di possibilità a loro volta si relazionano a delle terzità, che noi rappresentiamo - trovandolo "sufficientemente adeguato" - come passato, presente e futuro. La combinazione delle due cose porta a definire la dinamica semiotica come una teoria metaetica [si vedano le voci ARMONIA e ALTER-POLITICA e OLTRE] che elabora ogni realtà sempre in chiave prospettica ed indaga l'affascinante dimensione degli "effetti in un futuro presente". Questo è un passaggio importante: gli effetti futuri lavorano già nel presente e questo "tutto più ampio" - rispetto al nostro piccolo simbolico dualistico illusoriamente fissato nel qui e ora - come risultato ci da comunque un'immagine intera, un suono intero, un "abito" intero. Allora il simbolico è un modo particolare di "sentire" [avere] un'immagine come se fosse intera, il pensiero stesso è un'immagine come se fosse intera, per quanto lunghi siano - semioticamente - i cammini che lo hanno guidato fino a noi. La “metà” - per qualche ragione che possiamo facilmente ricollegare all'organizzazione spontanea della forma [vedi voce AUTO-ORGANIZZAZIONE] - ci è quasi del tutto interdetta specialmente se pretendiamo di “averla” esclusivamente per mezzo del nostro simbolico “rappresentativo”.

avatarjunior
inviato il 14 Maggio 2024 ore 17:19

EQUAZIONE

Incommensurabilità delle metà, alterità delle differenze e somiglianze intrinseche che si stratificano - ma dove inizia la dinamica semiotica nella pratica? Da nessuna delle tre condizioni in verità, perché all'origine non c'è un'assunto filosoficamente “verboso”, un teorema discorsivo, ma una semplice - quanto pragmatica - equazione matematica. L'inizio corrisponde a ciò che troviamo quando il “pensiero-a-riposo” è [come seità] ! Punto. Il pensiero orientale classico riesce nell'intento di “rappresentare” piuttosto bene questa situazione tuttavia, noi, più prosaicamente, possiamo figurarci questa condizione come una situazione d'equilibrio assolutamente matematico - sempre uguale a se stessa - nella quale ancora non si è notato nulla che possa scombussolare lo status “dormiente”. È una situazione di “tutto aperto” nella quale “tutto può accadere” - in potenziale - ma nella quale ancora non è accaduto nulla. Un punto-zero cartesiano? No, perché prima c'era già un tutto e dopo continuerà ad esserci un tutto. Entreremo nell'equazione semiotica di Peirce per mezzo delle icone, il primo dei segni che abbiamo incontrato, e mettendo da parte ogni [facile] tentazione “zen”.

avatarjunior
inviato il 14 Maggio 2024 ore 18:50

ALGEBRA SEMIOTICA

Il segno iconico è monadico, chiuso in se stesso e indipendente da tutto il resto. In altre parole è come il suo oggetto persino in assenza dell'oggetto stesso. Tuttavia, nella misura in cui sta anche per qualcosa d'altro, il segno iconico è anche un'apertura. Un'icona, dice Peirce, ha la “capacità di rivelare verità inaspettate”: “attraverso l'osservazione diretta dell'icona si possono scoprire verità nuove riguardo al suo oggetto”. Ma come è possibile che sia questo e quello? Chiusa e aperta? Semplice: grazie ad una formula algebrica che preveda un segno d'uguaglianza tra i termini. I termini alla sinistra del segno uguale diventano “iconici” di quelli alla sua destra. Studiando i primi impariamo qualcosa sui secondi, e viceversa. Quello che si trova a sinistra dell'equazione è un “tutto” in sé visto che “coglie” ciò che si trova alla sua destra nella sua totalità. Tuttavia è anche in grado di suggerire, citando Peirce: “in un modo molto preciso nuovi aspetti di stati di cose supposti”. Questo è possibile per il modo “generale” [terzità] in cui sta per questa totalità. I segni, infatti, stanno per gli oggetti “non sotto tutti i rispetti, ma in riferimento ad una sorta di idea”. Ma anche questa “idea” - per quanto vaga sia - è un “tutto” in sé. Il potere rivelatorio che noi siamo abituati ad attribuire alle nostre o altrui “idee” si genererebbe seguendo questo processo dinamico-matematico ma non solo: le stesse proprietà “generali” del linguaggio dipenderebbero da un processo simile. Equazioni su equazioni, algebra semiotica, che noi facciamo a nostra insaputa e senza soluzione di continuità dalla nascita alla morte.

avatarjunior
inviato il 14 Maggio 2024 ore 19:52

RESPONSIVITÀ

A chiosa di questa lunga e frammentata introduzione ai segni possiamo spendere due parole conclusive anche su quella cornice [telaio] che deve ospitare il “motore” semiotico nella fotografia digitale. Dicevo in precedenza che, per non perdere il controllo e finire fuori strada ontologicamente, sarebbe stato necessario trovare un telaio il più naturale possibile. Con l'introduzione dei segni in equazione ed il dispiegamento d'una vera e propria algebra conseguente il buon Peirce non solo dimostra familiarità con le problematiche legate all'ontologia in filosofia ma arriva, persino, a rendere “adattabili” le funzioni vitali dell'insieme semiotico [motore+telaio] a prescindere dall'ambiente che lo circondano. Ed è questa la ragione per la quale - nel 2024 - a Cupertino chez Apple, come a Seul chez Samsung, tutta questa teoretica oltre l'utile continua ad essere la più adatta a spiegare, oppure ad “indovinare e riflettere” se preferite, lo stato dell'arte nella fotografia digitale comprendendo al suo interno, ovviamente, tutte le derivazioni e contaminazioni possibili: dal “vecchio” machine-learning al “nuovo” pensiero computazionale. La cornice più naturale per la dinamica semiotica è “tutta” la realtà che ci possiamo, continuando dal passato, “rappresentare” realisticamente oggi, già contaminata da pezzi di futuri presenti. [A completamento si rilegga ora la voce COMES TO FIT] .

avatarjunior
inviato il 14 Maggio 2024 ore 23:53

ARRENDETEVI!

Quando incontrate qualcuno che vi parla di "vera" fotografia, arrendetevi! Quando incontrate qualcun'altro che vi parla di fotografia con la "A" maiuscola, arrendetevi! Quando inciampate, anche involontariamente, sull'espressione "Pro" o "come un Pro", di nuovo arrendetevi! Seguite l'esempio di Ghandi, che il grande Tolstoj lesse e comprese fino in fondo: arrendetevi sempre ma non cedete mai, andate oltre e liberate "le vostre indie" fotografiche senza colpo ferire! Ma, sopratutto, sarà il vostro tempo che libererete dall'approccio dualistico. La mia speranza è che questa rabdomanzia possa "aprire" ad una riflessione individuale responsabile anziché chiudere le porte ad alcuni dei nuovi e inaspettati "abiti" che stanno appena iniziando a emergere nella fotografia digitale.

In questo senso l'invito è quello di tornare a cercare la freschezza della "primità" sia nel nostro soggetto di studio che nel nostro metodo d'indagine. Si tratta poi anche di un'indagine della "secondità", perché è imprescindibile documentare come essa venga di fatto "sorpresa" dalle nuove spontaneità, quando queste riescono a fare la differenza in un kaos para-meta-fotografico che è il prodotto emergente di tutti i modi in cui i suoi eterogenei abitanti [non più "fotografi"] entrano in relazione e cercano di intendersi. E per ultimo, s'indaghi anche nel "generale" della terzità, poiché solo attraverso questo possiamo riconoscere quelle opportunità espressivo-rappresentative che si estendono al di là del presente che è, per molti versi, considerato - solo storicisticamente - come un'evoluzione tecnologica della fotografia analogica. Balle, ma arrendetevi lo stesso.

avatarjunior
inviato il 15 Maggio 2024 ore 1:15

RITMO

Domanda: a quale ritmo la dinamica semiotica si rinnova? Anche in merito alla "nostra" materia di studio: con quale velocità s'eclissa l'intendere anacronistico rispetto ai nuovi processi semiotici in essere? Beh, i numeri assoluti, come le realtà assolute, lasciamoli da parte ma, per una rappresentazione sufficientemente realistica e dinamica, un algoritmo simulativo ci può aiutare a ricavarne quantomeno un'impressione di massima. Appoggiandosi ad un database della CIA (il WorldFactBook) alcuni matematici, per mezzo di pattern statistici, hanno potuto simulare in tempo reale uno "schema" di chi nasce e chi muore nel mondo ad ogni istante. È una rappresentazione grafica del "ritmo" della vita umana sul pianeta Terra quello che possiamo apprezzare cliccando su questo link. Naturalmente, il corollario semiotico umano, si rinnova conseguentemente anche se a "noi" è preclusa la possibilità di rendercene effettivamente conto istante per istante.

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